martedì 6 novembre 2012

Rimedi alla partitocrazia.


La parte in corsivo è tratta da “Il Dizionario di Politica” in “Rimedi alla partitocrazia” di Gianfranco Pasquino.
Per  modificare l’attuale situazione di dominio dei partiti, per altro in forte decadenza sarebbe auspicabile il mutamento delle regole del gioco politico, attraverso …….riforme istituzionali che introducano situazioni di incertezza e di competitività rinnovata fra i partiti (quanto De Gaulle volle e riuscì a fare contro i partiti francesi e il loro gioco nel 1958, alle origini della V Repubblica; quanto, in una situazione di partenza molto favorevole, le riforme di democratizzazione dei processi di selezione dei candidati e di finanziamento delle campagne hanno fatto nel contesto statunitense approdando all’estremo opposto della decomposizione dei partiti). Anche questa è una strada sulla quale è possibile incamminarsi o con il consenso di tutti i partiti, divenuti consapevoli della gravità e dei guasti della situazione (ma il fenomeno è sicuramente raro), oppure contro tutti i partiti, ma, nel caso italiano, non è affatto chiaro da chi possa scaturire democraticamente l’autorevole iniziativa necessaria. Quanto è richiesto può in parte essere ottenuto attraverso una rigida normativa concernente l’incompatibilità fra cariche e il rinnovo e la rotazione delle cariche. La circolazione del personale politico, rompendo schemi ossificati e creando situazioni in cui sia impossibile avere una carriera senza limiti temporali nella sfera politica, può disincentivare potenziali membri della partitocrazia e rendere quindi meno ampio il circolo dei dipendenti della politica. Dì per sé questo può non bastare. Solo se collegato ad una rinnovata e reale competitività fra i partiti politici che riproduca nella sfera politica quelle condizioni che si attribuiscono (anche se erroneamente) alla sfera economica alla competizione fra impresi e prodotti e al mercato del lavoro, cioè concorrenza e mobilità, il turnover del personale politico può costituire uno dei meccanismi che contribuiscono a spezzare o comunque a ridurre le caratteristiche più odiose della moderna partitocrazia.
Altrimenti, la partitocrazia, anche nella crisi dei partiti, è destinata a permanere quale fenomeno caratterizzante alcuni sistemi politici contemporanei e soprattutto quelli senza alternanza al potere e privi di ricambio delle personale politico. I suoi aspetti più visibili e le sue degenerazioni più gravi si faranno strada laddove la società civile sia più debole e le istituzioni meno autonome. Purtroppo questo è il caso italiano.
Senza una forte presa di coscienza della società civile, continuerà questo degrado, che oggi, secondo me, è rappresentato dai “capi popolo” o “pifferai magici”, che sono l’unico sistema a cui i partiti ricorrono per tenere insieme “associazioni” allo sbando e con conflittualità dirompenti.  Oppure, caso ancor più grave, nuovi e instabili contenitori di manie di protagonismo di un unico individuo (caso che tende a ripetersi nel nostro Paese da più di venti anni).
Ecco che in questa drammatica situazione, solo una presa di coscienza e una mobilitazione generale dei Cittadini può spingere il Paese verso un vero rinnovamento e alla Democrazia.

N.Bbbio, N.Matteucci, G.Pasquino, Il Dizionario di Politica, UTET Libreria, Trino, 2005, p. 693.

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